diario di cammino di Gabriella Bellenzier (ottobre 2004)
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30 settembre: Sahagùn
Sempre una bellissima mattina rossa. Metto un fiore di ginestra tardiva sulla maglietta e al suo profumo vado. La tierra de campos è infinita, ma io non la trovo monotona. Osservo le orme che ci sono sul sentiero. A migliaia passano dove vado io, anche in bici, e tutti ci salutano “Buen Camino!”. Come pellegrini siamo delle persone speciali e ci rispettano. I camionisti suonano. Coi trattori rallentano per non sollevare polvere. C’è una terra molto secca e stanno aspettando la pioggia.
Sono ospitata in un rifugio bellissimo, un ex monastero rimesso a nuovo, con tanto legno che è molto prezioso non essendoci qui boschi. Come stile mi sembra di essere nelle strutture rinnovate della Val Imperina. Trovo sempre il modo di ricordare il mio Agordino. Ho un po’ di nostalgia, ma fa parte del viaggio!
Ceno con Daniel il francese e Pasqual il basco che ha problemi di vesciche.

1 ottobre: El Burgo Ranero
Dopo un viale alberato “de aier” lungo 18 km decido di fermarmi in questa località polverosa. Ormai quasi tutti sono avanti di un giorno. Chissà se li rivedrò? Oggi ho detto addio a Pasqual e a Daniel che devono essere a Santiago per il 15 ottobre.
A dire la verità sono pochi quelli che vanno con calma. La mattina partono come razzi. Quasi nessuno fa foto. Uno mi dice: “La macchina fotografica è la testa, il sacco a pelo è il cielo”. Sarà! Ma io continuo a scattare foto. Ieri ho comperato ancora nove rullini. Vorrei tanto immortalare tutto, anche i sentimenti.
Questa mattina il campanile illuminato sembrava spiare il nostro passaggio. Ci sono cose che non riuscirò mai a cogliere con la mia vecchia, fedele Olimpus. Da qualche notte dormo poco, per il gran russare dei miei compagni e così vado all’albergo privato. Però non mi piace. Per fortuna nel cortile due ragazzi aggiustano un motorino e ascoltano musica… certo non quella della cattedrale! Ancora una volta sento aria di casa!
I piedi stanno bene. Fino a 25 chilometri tutto funziona: gambe, piedi e schiena. Per resistere bisogna prestare molta attenzione anche al proprio fisico.
2 ottobre: Marsilla de las Mulas

Alle 8 mi raggiunge la Mariann di Berna. Arriverà fino a Leòn e poi dovrà tornare a casa. Finirà il Camino il prossimo anno. Chi va e chi torna. Scrivo oggi il mio diario in un cortile pieno di gerani rossi e devo dire che in mezzo a tutto questo medioevale creano proprio una bella atmosfera.
Entra in questo momento la compagnia del francese di Lourdes. Col suo amico che va spesso sulle Dolomiti ho cantato la Montanara. Intanto i chilometri sotto i piedi sono più di 400 e l’ospitalera mi ha dato una cartina per arrivare a Finisterre: mi ci vorranno altri quattro giorni dopo Santiago!
Ancora 20 km di aceri tutti in fila oggi sul Camino. Ormai sono ombrosi. Per questi filari hanno fatto un impianto speciale: ogni pianta ha una canna e la innaffiano tutti i giorni. Qui bagnano gli alberi invece dei fiori, e gli abeti sono nei giardini.
Ho passato tanti ponti medioevali, ma sotto c’è poca acqua. Sulle rive cresce “el cresòn”. Io mi fido e bevo sempre alle fontane, anche 3 litri al giorno! Oggi 2 km di deviazione. Stanno costruendo un acquedotto. Lo scavo è profondo almeno 5 metri per trovare la sorgente. Per il pellegrino è un disagio in più. La segnaletica sparisce e il fondo stradale è un disastro. Da giorni
i miei scarponi sono bianchi per la polvere. Ma poi ritrovo i simboli e vado!
Un treno lunghissimo mi saluta. Di sicuro ci saranno pellegrini che, arrivati alla meta, tornano
a casa.

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