diario di cammino di Gabriella Bellenzier (ottobre 2004)
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24 settembre: San Juan de Ortega
Cielo stellato e poi sembra che piova. Metto il coprizaino, ma non servirà. Qui non capisco dove vanno le nuvole, io invece vado sempre più a ovest del mondo.
Al primo paese ci sono cani. Ogni giorno ne trovo e non sono feroci come si dice. Hanno fame e mettono la zampa sul mio ginocchio per chiedere. Divido il mio pane con loro. qui li chiamano “perros Jacobei”!.
Ora le antiche fontane hanno anche delle grandi vasche dove i pellegrini si bagnano i piedi. In queste terre era ed è tutto attrezzato per il Camino di Santiago. In un piccolo bar, dove vendono solo pane e caffelatte, c’è una lavagna: una pellegrina di Torino scrive il suo saluto per gli italiani che passano di là.
Faccio sosta in un bosco di pini. Per 10 km sarò in mezzo a questo balsamico ambiente. Questa è la Castiglia del Leon, terra di Isabella di Spagna. Una volta c’erano lupi e briganti, oggi si è fermata una campagnola. Il forestale ha fatto il pieno di acqua alla mia solita usatissima borraccia. Si è offerto anche di portarmi lo zaino, ma naturalmente ho rifiutato.
Arrivo presto in questa conca, al magnifico monastero. Rivedo Magda e Michael che da giorni non trovavo. Poi il parroco ci offre la sopa con l’aglio. Prima però ci fa visitare la sua chiesa e molto orgoglioso, dopo la messa, ci fa notare l’effetto della luce che entra con gli ultimi raggi del sole dalla vetrata dell’Annunciazione.
Qui conosco Pascal di Marsiglia e Nelly sua moglie.

25 settembre: Burgos
Anche il caffelatte ho bevuto in canonica. Oggi cammino con la pila in mezzo ai campi, perché il convento rifugio è in una conca isolata. È sempre ventoso asciutto. Ancora per tre ore cammino sui Montes de Oca e poi in lontananza vedo Burgos, nota città per storie di santi e guerrieri, re e regine.
Ancora fiori di zafferano ed erica autunnale sul mio sentiero. È tutto sempre bello. Oggi arrivo in pieno centro. Sono ospitata da una signora. Si mangia, si prega, si lava i piatti. La cattedrale è bellissima: fuori centinaia di guglie a merletto, dentro migliaia di scene religiose, opere d’arte, cappelle grandi chiuse a serraglio come usano qui. Il museo è pieno di ori e pietre preziose. È uno sfarzo, ma la cosa più commovente è un antico povero Cristo inchiodato alla croce con quattro chiodi, uno per mano e uno per piede.

26 settembre: Hontanas
Parto tardi. La signora non fa uscire presto. Dice, dandomi ragione, che il pellegrino non deve fare una gara e così alle 8,30 sono ancora davanti alla cattedrale che faccio foto. Nuvolette attorno ai campanili. Scatto e poi via. Oggi sarà una tappa lunga!
Immensità di campi. Non si vede nessuno eppure la terra è tutta coltivata fino all’ultima zolla. Qui anche patate e barbabietole, che non sono state ancora raccolte, sono a mille metri di quota e l’aria è pungente: + 5.
Tutto è orizzonte. Sono sulle Mesetas, il più grande altopiano della Spagna. In lontananza un piccolo gregge alza una nuvoletta di polvere. Qui l’acqua è preziosa e appena posso mi bagno i piedi. Mi sono fermata all’Oasi di San Bol, freschissima fonte in mezzo agli alberi. Il piccolo rifugio è gestito da due ragazzi del Sudtirol e mi abbracciano quando capiscono che sono di Belluno. Emozioni!
Sono troppi i 36 km di questa tappa. I piedi sono quasi in vescica e mi riprometto di andare con più calma. Il rifugio è accogliente, ma per la prima volta dormo per terra… però sempre sul materasso. L’albergue del Pellegrino è tutto occupato e ritrovo tanti amici.

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