diario di cammino di Angela Maria Seracchioli (inverno 2002)
pag. 10

16 novembre - Leòn – Villar de Mazarife 21.5 km.

Parto al solito semi buio, fa freddo e mi dispiace di non riuscire a vedere Leòn bene. L’uscita dalla città non è poi così drammatica come la dipingeva la guida e ben presto sono in cima ad una collinetta, la Virgen del Camino, che una volta doveva essere un paese separato da Leòn e che ora ne è solo la periferia. Mi passano i ciclisti, sto camminando bene ed è pure uscito il sole! Dopo un passaggio fangoso e molto confuso sotto una quantità di ponti autostradali in costruzione mi trovo in una campagna molto bella piena di alberi, il Paramo, che mi ricorda la campagna inglese, il sentiero è dolce e il vento muove tante nuvole….le muove troppo perché proprio dopo l’unico paese prima dell’arrivo inizia a piovere una pioggia gelata….sono solo 4 km. poi mi aspetta un bel ostello… bello? È il posto più deprimente del Camino, mi ricorda certe case abbandonate in cui andavo quando ero ragazzetta ed ero negli scout. Fuori dalla porta della casa-albergue si ferma l’immancabile furgoncino del panettiere che serve i paesini senza negozi e che suona all’impazzata per avvertire le donne che è arrivato, compro pane e brioches mi sa che questo sarà tutto per la giornata. Ora sto scrivendo nell’unico bar …il classico bar sport pieno di omarotti che giocano a carte e a domino ma almeno ci sono dei termosifoni dove posso asciugare le mie cose fradice, nell’albergue non c’è riscaldamento. Non è che l’augurio un po’ sinistro dell’albergador di Leòn si stia avverando? "Che tu possa avere un Camino difficile perché ti aiuti nella vita!" Ma come si può augurare la difficoltà?!
Torno a "casa" con la prospettiva di passare nel freddo e da sola nel sacco a pelo buttato su un materasso lurido le ore che dalle 15.00 alle 20.00 mi separano dalla cena che la proprietaria del bar mi ha promesso. …Sorpresa! C’è un altro essere vivente nella cucina gelata…un inglese tutto imbacuccato in una giacca a vento scura che da inglese si sta bevendo un te… Lo "assalto" con il mio modo di fare tutto latino e ben presto siamo impegnatissimi in una discussione molto intellettuale su : religione, potere, spiritualità e tutto quello che ci viene in mente. Poi dopo due ore si decide ad offrirmi un po’ di te, fa così freddo che facciamo fumo dalla bocca. Il tutto è però piacevole e quando siamo arrivati ad un livello di assideramento intollerabile decidiamo di uscire, fuori a smesso di piovere. Sulla guida c’è scritto di un pittore locale chiamato Monsenor e decidiamo di andarlo trovare. E’ un personaggio strano, un ometto triste che è forse malato perché ci dice che deve prendere l’ossigeno. La sua casa è tutta rimediata, da artista, piacevole. Ci porta a vedere le sue opere che hanno una loro bellezza, è uno stile romanico- moderno, quella che mi piace di più è una donna in croce, strana, lui dice che è la madre della terra. L’inglese girella fra i quadri, gli è ritornato il sorriso, non è più così cupo come nella cucina gelata. Il pittore ci fa vedere un articolo che è uscito sullo "specchio" che parla del Camino e di lui che una pellegrina italiana gli ha mandato. Infreddoliti torniamo al bar e le ore passano in una conversazione sempre molto piacevole. Alle 20.00 la cena annaffiata da una bella bottiglia di vino, quella che pareva dover essere la serata più deprimente del mio Camino si è trasformata e fuori il vento a spazzato le nubi e c’è una bella luna piena. Mi faccio una borsa dell’acqua calda usando la mia borraccia di metallo che funziona benissimo in questa versione. Ho un po’ di mal di testa e non riesco a dormire, nello zaino già pesante non si possono portare libri e mi rileggo la guida che so ormai a memoria. Poi il sonno ha la meglio.

17 novembre - Villar de Mazarife- Astorga 31 km!

Dopo un te con l’inglese e un addio visto che penso di fermarmi prima di lui, parto alle 8.00 la strada è tutta diritta, il sole è uscito dalle nubi e i campi di granoturco sembrano belli se non avessero cartelli sinistri di varie compagnie americane specializzate nel transgenico, ho tradotto un libro sull’argomento e ne sono terrorizzata…cammino bene ma quei cartelli mi hanno messo la malinconia, non faccio foto.
Le frecce sono poche e confuse, l’inglese mi raggiunge poco prima di Puente y ospital de Orbigo dove c’è un ponte romanico lungo e bellissimo, discutiamo sul transgenico, lui è uno scienziato e non è d’accordo con me….ci lasciamo un poco arrabbiati per ritrovarci ancora quando la campagna si fa ancora più bella, fra noi e Astorga una successione di ondulazioni del terreno, di collinette molto dolci. Avevo pensato di fermarmi a Puente ma essendoci arrivata troppo presto ora sto puntando verso Astorga con un po’ di apprensione perché non ho mai fatto una tappa così lunga…fino a qui vado benissimo e ora che cammino con l’inglese parlando non mi accorgo che i chilometri passano. Ad un certo punto gli dico di andare avanti perché non voglio rallentarlo ma lui mi dice che mi ha "cronometrato" e che ho accelerato notevolmente. Dalla cima dell’ultima collinetta vediamo Astorga nelle nebbie, vicina ma ancora lontana. A questo punto mi piomba addosso la stanchezza, l’inglese va avanti, io rallento tanto l’ultimo tratto pare non finire più. C’è un muro da seguire che è eterno e poi, alla fine di una lunga strada c’è pure una salita, ma ecco l’albergue! Le ho proprio spese tutte e per fortuna che l’inglese ha camminato con me, è stato il mio angelo della giornata. L’albergue è semplice ma ha una "secadora" una macchinetta per asciugare il bucato, che è una benedizione. Viene presto buio per cui la visita della città si limita ad una passeggiata attorno alla cattedrale che pareva più bella da lontano e attorno al palazzo arcivescovile che è di Gaudì e che mi piace molto a cena e poi a nanna, mi sento proprio bene e sono soddisfatta di aver superato la barriera dei 30 chilometri.

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