note di cammino, di Mauro e Mariagrazia, coniugi Bronzato di Belluno (giugno 2007)
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Per le altre due croci? sì aveva ragione, eccome se aveva ragione quel buon prete, però camminando camminando le cose sono cambiate: il contatto con gli abitanti locali che ogni giorno ci dicevano “olà buen camino”, un augurio sincero seguendoci con lo sguardo come per aiutarci con il loro cuore a procedere senza intoppi; trovarci la sera nei rifugi con altri pellegrini scambiando come potevamo nella nostra lingua le impressioni, le difficoltà della giornata; programmare la tappa del giorno dopo e purtroppo constatare
che qualche amico fatto lungo il percorso aveva abbandonato per distorsioni agli arti inferiori (distorsioni, tendiniti e talloniti sono frequentissime) o per troppa fatica oppure che quelli più fortunati in salute erano invece sfortunati perché avevano pochi giorni di ferie.
Certamente camminare per 33 giorni con una media di 30 km non è facile, forse se veramente non lo si vuole e se non si ha una propria motivazione difficilmente ci si riesce. Vivere a contatto in rifugi affollati, a volte la monotonia del paesaggio legata alla fatica, ma, di contro, monasteri pregni di storia templare, il fascino di sapere che quel sentiero è battuto da 800 anni, sapere che quelle pietre hanno visto camminatori da tutto il mondo, il non cedere mai alla tentazione di prendere il bus o il taxi per andare avanti e infine arrivare al mare dopo 33 giorni, non dimenticando mai che il tuo zaino è ancora di 12 kg, ma che tu ne sei calato di 8, lanciare un sasso di buon augurio nel mare, abbracciare i tuoi compagni conosciuti lungo il camino, versare qualche lacrimuccia vedendo dal finestrino dell’aereo che questa meravigliosa avventura è finita, ma con un bagaglio personale che rimarrà per sempre nella tua testa e infine acquistare più fiducia in te stesso.

 

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