Toni Beraudo e Anita Centeleghe
Gli jacobei vi scrivono PELLEGRINAGGIO A SANTIAGO DE COMPOSTELA 20 gennaio 2002 – 14 aprile 2002
“L’uomo non vive pienamente secondo verità se non riconosce quell’amore libramente e non si affida al suo Creatore”. Questa frase ed i due bastoni ci davano l’aiuto necessario e ci conducevano verso Santiago de Compostela. C’erano anche gli incontri con i curiosi, con le persone interessate, con quelle devote, con gli indifferenti; tutti si fermavano un momento ad osservarci, poi ci interpellavano attirati dai nostri bastoni e dalla nostra tenuta, anonima nel bellunese ma curiosa in mezzo alla Pianura Padana, fino a diventare ridicola sulla costa ligure. Ci venivano rivolte battute tipo: “ Avete sbagliato direzione…! Guardate, i camminatori marini, escono dal Polo Nord!”. Siamo partiti da Paderno con –14° e in due settimane abbiamo saltato una stagione! Ma era importante la stagione che portavamo nella nostra mente e nel nostro corpo. La sera sentivamo un po’ la fatica (chi l’avrebbe mai detto!) poiché, nonostante le nostre buone condizioni fisiche, le emozioni erano intense ed anche l’energia necessaria. Ma all’arrivo a Varazze, alla vista del Mediterraneo, ci siamo sentiti felici e soddisfatti di vedere un altro mare… il nostro sguardo e il nostro fisico erano abituati alla terra ferma e ora vedere una distesa d’acqua così grande ci dava la sensazione di trovarci in un altro mondo. Il Signore ci aveva ascoltati e nei giorni successivi ci mandò pioggia, vento, neve, ma molto più sopportabili, o almeno ci diede la forza per superare le intemperie. Dopo sette giorni di cammino la risacca delle onde faceva parte di noi e le nostre preghiere avevano il ritmo di questo mare che ci incantava ogni mattina. La Costa Azzurra ha d’azzurro solo il nome, poiché l’aria che si respira è inquinata, soprattutto per noi che veniamo dalla montagna. La Liguria è più salubre perché non c’è traffico accanto al mare. Dopo 2 settimane, attraversare una grossa città ci fece una strana impressione e per due lumache come noi ciò era terribile. Era una prova fisica penosa… passare gallerie, affrontare incroci, attraversare strade per raggiungere il lungomare nella speranza di respirare un po’. Non era meglio là. Cosa fanno tutte queste persone lì in vacanza? Esiste la parola vacanza nella loro testa? Correre in spiaggia, correre in albergo, stressati e indaffarati… sempre in movimento frenetico… 22 giorni di lento cammino ed eravamo già spaesati… cosa sarà di noi fra tre mesi? Piccolo particolare, il mio orologio si ruppe, avrei dovuto vivere con la meridiana e il sole ci avrebbe guidati! Si viveva già un po’ così da tre settimane, ci si fermava quando sentivamo un po’ la stanchezza, la sete e la fame e quando il sole cominciava a tramontare cercavamo un alloggio. L’organismo ritornava così al suo bioritmo naturale. A Menton decidemmo di prendere il sentiero dei corbusiers arroccato tra mare e cielo fino a Montecarlo, in mezzo a pinete profumate, rocce rosa e mare verde, sentendo solo la risacca delle onde per parecchie ore. Ma questo sentiero che doveva essere piacevole e rilassante fu per noi una tortura. Qual è il genio che ha cementato quel percorso con gradini e panchine ad ogni chilometro? Il sentiero è fatto per passeggiate e non per camminatori. Con 12 Kg sulla schiena, 28° in febbraio, assomigliavamo di più a due schiavi egiziani che portavano le pietre per costruire le piramidi! I giorni seguenti furono uguali fino a Cagne-sur-mer dove due amici del Belgio, Dominique e Jos, avevano affittato un appartamento e ci aspettavano per fare con noi una tappa. Con loro, camminatori esperti, modificammo il nostro itinerario per lasciare la costa “impossibile” e per raggiungere Arles, attraversando le Alpi Marittime, le montagne del Luberon e le sue meraviglie, ritrovando così la tranquillità del pellegrino immerso nella natura. Cominciammo a prendere contatto telefonico con un ex pellegrino di San Giacomo per innescare la catena dell’alloggio, come era stato stabilito. L’ex pellegrino ci avrebbe trovato un alloggio in base alla disponibilità locale, presso un monastero, un convento, un albergo o una casa privata. Con l’aiuto del pellegrino si ottenevano alloggi a prezzi inferiori, ma la qualità, soprattutto in Francia, lasciava molto a desiderare. Comunque questo meccanismo per noi era troppo complesso perché ci rendeva dipendenti da una persona e da un mezzo per raggiungere l’alloggio, che spesso si trovava molto lontano dal cammino stabilito. Il nostro principio era di fare tutto a piedi. Siamo stati “intrappolati” 2 volte, dopodiché riprendemmo il nostro sistema iniziale organizzandoci sempre da soli e in modo da arrivare presso un albergo o una pensione lungo il nostro percorso. Se non si trovava niente si proseguiva. Abbiamo “scelto” (scegliere è un lusso per un pellegrino) degli alloggi semplici ma puliti lungo il tratto francese; si sono alternati campeggi, conventi, monasteri, camere private, alberghi per dormire in pace. La traversata della Francia è stata una meraviglia di paesaggi vari e sorprendenti, a volte nel cuore della garigue (tipo paesaggi carsici), a volte tra le vecchie vie romane dove era piacevole scivolare sulle scia lasciate dai carri dei nostri antenati, a volte nelle foreste di querce centenarie o tra pascoli pieni di bestiame. Nonostante l’alternanza di asfalto e sterrati, non abbiamo mai avuto dolori muscolari. Al contrario, questo era un buon terreno per prepararci ad ogni tipo di sforzo. La strada asfaltata ci permetteva di mantenere più pulite le nostre tenute, soprattutto nei giorni di pioggia. Da Montpellier decidemmo di cambiare il nostro itinerario e di prendere una strada più pianeggiante verso Carcassonne-Canal du Midi per guadagnare del tempo, anche perché il sentiero GR 653 (cammino francese) era segnalato male. Il giorno del nostro arrivo ci occupammo del materiale: lavanderia, calzolaio, posta, pacchi di 2 kg di indumenti e di cartine usate da rinviare a casa. Eravamo ai primi di marzo, le temperature erano più alte e decidemmo di tenere solo pochi abiti caldi necessari ad affrontare il Passo di Roncisvalle e le altre montagne in Spagna. La neve era vicina, molto vicina, ed anche il Tourmalet! Attraversammo il superbo Paese Basco francese, in cui ci sono deliziosi prodotti regionali. Qui il paesaggio ci era molto più familiare, ritrovare le montagne ci incoraggiava. Partecipammo alla messa in lingua basca e i canti gioiosi ci misero allegria. Il basco è gradevole da leggere e da ascoltare. Nei pascoli, le mandrie di mucche e di cavalli ed i greggi non mancavano. Qui l’accoglienza riservata ai pellegrini è calorosa. Feci immediatamente un salto nella mia infanzia, quando vedevo le strade e le piazze pubbliche occupate da panchine di legno lungo il tracciato bianco del gioco della balle pelote. Mi venne in mente anche quando ricevetti un gioco chiamato Jokari, termine ritrovato qui dopo 40 anni. La balle pelote qui si chiama pelote basque ed è lo sport regionale. Ogni villaggio ha il suo muro di oltre 10 metri che dà sulla piazza. I giocatori sono tutti vestiti di bianco ed il colore della cintura permette di riconoscere le diverse squadre. Hanno una racchetta di legno ed una pallina semirigida che rimbalza sul muro. Qui la maggior parte della gente indossa il berretto blu tipico ed è bello vedere tutti questi incantevoli colori in un paesaggio da cartolina, il quale ci ha accompagnati fino a St. Jean-Pied-de Port, ultima tappa francese.
Prima di concludere il nostro cammino, possiamo dire che non è sufficiente scegliere uno di questi fattori per camminare poiché tutti si integrano: senza sforzo fisico non si va avanti, senza fede il fisico soffre e senza il corpo non si può trasportare la propria fede sulla terra. Il pellegrino non ha età, cammina con il suo ritmo, 15, 20 o 30 km al giorno. C’è chi parte solo e poi si ritrova in gruppo, chi parte in compagnia e si ritrova solo. Per 25 tappe del camino, si arrivava ogni giorno nell’albergue o nel rifugio dove l’hospitalero ci accoglieva e ci chiedeva le nostre credenziali, cioè il passaporto del pellegrino senza il quale non si può alloggiare in questi alberghi. L’hospitalero metteva il timbro e la data sul passaporto dopodiché si poteva scegliere, o ci veniva assegnata, la propria branda. Più ci si addentrava nel camino, meglio si capiva lo spirito spagnolo. Gente severa, rigorosa e seria, trattenuta nella sua espressione come il cammino che seguiamo. È un Paese che si sviluppa e si libera con prudenza dopo 40 anni di regime franchista. Questo vale per l’interno del Paese, così diverso dalla costa e dai grossi centri che indossano la maschera del turismo. Quando si arrivava in un grosso centro (20 abitazioni!), ci si approvvigionava oppure approfittavamo dei venditori ambulanti. I locali in cui si vende la merce erano plurifunzionali: fungevano anche da bar e ristorante. Poiché gli spagnoli aprivano i negozi alle nove e mezzo del mattino, tardi per il pellegrino, mangiavamo il nostro boccadillo con queso (panino al formaggio) seduti su una panchina. Ci sembrava quasi di poter pagare con gli scudi invece che con l’euro, dato che i prezzi erano veramente bassi! Non tutti i rifugi erano attrezzati con la cucina; in quel caso, consumavamo il pasto della sera in un bar o in un ristorante. Alle volte era l’hospitalero che cucinava oppure i pellegrini cercavano di organizzarsi in qualche modo. Il menù del pellegrino non è costoso ma nemmeno abbondante, cosa inopportuna perché lo stomaco dopo 8 ore di marcia è vuoto. Il menù è quasi uguale su tutto il percorso, va da 6 a 7euro a persona, è composto da un primo piatto, verdure, da un secondo (carne, pesce o uova con patatine fritte) e da un dessert, gelato, yogurt o frutta. Pane e vino tinto a volontà. È possibile uscire dal menù del pellegrino e scegliere il menù del giorno, ma naturalmente costa di più. Il nostro non era sicuramente un pellegrinaggio gastronomico, ma le quantità erano troppo limitate, forse per non appesantire il pellegrino… In Galizia le quantità di cibo raddoppiarono ed i prezzi erano addirittura più bassi. Se durante il giorno no trovavamo nessun punto di ristoro, ci si accontentava di mangiare pane e formaggio.
Più ci si avvicinava a Santiago, più cresceva il vuoto attorno a noi, rimanevano quelli che volevano arrivare in fondo. Anche gli alberghi di pellegrini si svuotavano. Alla fine, durante l’ultima salita, quando da lontano si intravide la forma dei campanili della cattedrale, svanì tutta la stanchezza. Arrivò così l’entrata nella città, seguendo le frecce gialle e la conchiglia che conducono ai piedi del gigantesco monumento di San Giacomo. L’ultimo sforzo fu salire la scalinata per poter entrare nella cattedrale, molto sobria, e per poter sovrapporre la nostra mano all’impronta sul pilastro e battere per tre volte la fronte contro quella di San Giacomo, ringraziandolo e chiedendo le intenzioni del pellegrino. Poi si va all’altare ad abbracciare il busto del Santo, come vuole la tradizione. Prima della messa del pellegrino di mezzogiorno, i preti nominano la nazionalità e la città di partenza dei pellegrini giunti fino lì. Nel breve tempo di una messa ci si accorge che il mondo intero si è riunito. Prima di partecipare alla messa, ritirammo la nostra “compostela”, il certificato che si riceve dopo la presentazione delle credenziali, il quale attesta il tragitto percorso ed il chilometraggio. Il prete celebrante può dunque conoscere la lista di coloro che sono arrivati al santuario e citare i pellegrini. Furono difficili questi tre giorni nella foresta di eucalipti e quando arrivammo all’ultimo altopiano a 200m sul livello del mare, ci fu in noi la speranza di vederlo questo oceano…ma niente, altre colline lilla e gialle di erica e di ginestre coprivano l’orizzonte. Alla fine, a 10 km dalla riva, durante l’ultima salita, apparve in fondo uno specchio argentato, “la baia, l’oceano” e fu quasi al galoppo che raggiungemmo la sabbia per bagnarci le mani e per vedere l’ultima conchiglia, con la testa verso il basso…e là, El Camino finisce.
Di seguito vengono riportate delle informazioni supplementari per capire meglio l’atmosfera degli 82 giorni di pellegrinaggio.
La giornata tipo:La giornata dei pellegrini Beraudo-Centeleghe e di qualche altro incontrato lungo il cammino spagnolo si svolge nel modo seguente. ITALIA-inverno: Sveglia alle 7, partenza alle 8, colazione in qualche bar aperto dalle 6. Ci sono dei bar in tutti i luoghi, anche nei posti più sperduti. Si marcia, si visita, si ammira, si prega. Verso le 15/15.30, fine della tappa, alloggio in un hotel, poi doccia, relax, massaggi reciproci, bucato, cena e verso le 20.30 a dormire. FRANCIA-inverno, un mese più tardi: Sveglia alle 6.45, partenza alle 7.30, colazione in un bar dopo aver comperato il pane in un panificio aperto dalle 5.30. Ci sono dei bar ogni 5km circa. Pranzo con il nostro pane (cosa normale in Francia); si cammina, si visita, si ammira, si prega, si incontrano ex-pellegrini. Verso le 16.30 ricerca di un alloggio, sia albergo, camere in affitto, camping, monasteri, conventi. Doccia, relax, diminuiscono i massaggi poiché il corpo à indurito, bucato, cena e a letto verso le 21.30/22. SPAGNA-fine inverno, inizio primavera: Sveglia alle 6 con una torcia per non svegliare la camerata. Partenza alle 6.45, colazione quando è possibile con il pane secco della sera o con un bocadillo verso le 10 quando si trova una bottega. Camminiamo, pensiamo, meditiamo, visitiamo, ammiriamo, preghiamo. L’arrivo è verso le 15.30 in un albergue per pellegrini; si sceglie un letto e lo si occupa con il sacco a pelo, doccia, cura dei piedi se necessario, bucato, riposo, cena, incontri e a dormire verso le 22. Dopo il passaggio all’orario legale, partenza e arrivo sono posticipati di un’ora. Alloggi: - ITALIA: albergo, dunque comodità e un buon riposo. - FRANCIA: alcune volte in albergo, non molto puliti, roulotte, conventi, camere private, si riposa bene a seconda dei luoghi. - SPAGNA: albergue de peregrinos: i primi giorni un po’ disturbati per la presenza di altri pellegrini (camere comuni) poi si riposa bene a causa delle giornate faticose.
Orari degli albergue: l’apertura può essere alle 12, 16, 17 o anche alle 18. L’hospitalero accoglie i suoi pellegrini, alcune volte è necessario cercare la chiave nel luogo indicato nel pueblo[1]. Chiusura alle 22 (si può uscire ma non rientrare). Nei più importanti centri in cui si concentra il maggior numero di pellegrini, le regole sono severe: è vietato entrare nelle camere e nelle docce con gli scarponi, il coprifuoco è alle 21.30. Alle 7 del mattino viene illuminata la camera augurando il buongiorno e per le 8.30/9 tutti i pellegrini devono aver lasciato il rifugio. In questo periodo dell’anno (marzo aprile) i pellegrini sono meno numerosi e di conseguenza gli hospitaleros sono meno severi. L’osservanza del regolamento è più stretta da maggio ad agosto: vacanzieri e pellegrini si confondono. Abbiamo conosciuto la settimana santa, una settimana più animata, ciò significa che si incontravano 8/10 pellegrini al giorno. La parte più difficile è organizzare la serata. In Spagna la vita comincia verso le 10/10.30, la messa è a mezzogiorno la domenica. Per un pellegrino, arrivare in un pueblo e assistere alla messa è molto difficile.La sera non bisogna arrivare troppo tardi al rifugio affinché si possa lavare gli indumenti e appenderli fuori, poiché all’interno non si asciugherebbero per la mancanza di riscaldamento. Bisogna farsi la doccia e andare alla ricerca di quello che ci serve per ristorarci. I ristoranti, o piuttosto un locale, aprono le porte verso le 20.30/21. L’albergo chiude le porte alle 22 e la messa della sera è tra le 20 e le 21! Bisogna dunque conciliare tutto per restare praticanti e mangiare, per scegliere se sfamare il corpo o lo spirito! Alcuni ricordi ed alcune immagini sono profondamente ancorati nella nostra memoria e nel nostro cuore, non sono difficili da esprimere ma da non “buoni cristiani” le conserviamo gelosamente, come questa meravigliosa complicità che si è rafforzata all’interno della nostra coppia. È stato meraviglioso, unico, emozionante. Vorrei essere sul camino ma la vita quotidiana mi riporta sulla carretera. Per completare correttamente questo racconto, ecco qualche ulteriore informazione. Contenuto dello zaino: 11 e 12kg
Cammini praticati:
Molte montagne, in Francia alcuni giorni di cammino in pianura. Bisogna sottolineare che la Spagna è il secondo Paese montagnoso dopo la Svizzera. Meteo:
Dolori: nulla. Fatica: un po’ all’inizio ma in seguito fatica dovuta soprattutto alla variazione del clima più che alla marcia in se stessa. Pochissimi pellegrini partono da casa a piedi. Alcune persone compiono il pellegrinaggio in 2 o 3 anni, in base alla durata delle loro vacanze, dividono il cammino in vari tratti. Per ricevere la compostela bisogna percorrere gli ultimi 100km a piedi. Ritorno:
Ogni giorno parte un pullman alle 8 per Marsiglia e Zurigo. Noi abbiamo preso il pullman verso Zurigo. Si parte ad una velocità folle di 40 km/h, 10 volte più rapidamente rispetto alla nostra marcia, la testa mi girava e mi sono chiesta: “dove ha preso la patente, questo autista?”.
Seguito… il cammino continua Potremmo dire che il tempo è trascorso quasi in modo “atemporale”, lasciando spazio alle nostre meditazione e riflessioni. Ogni giorno qualche dettaglio ci riporta con gioia sul “Camino” e la carica di energia ci dà pace nella ripresa di un ritmo di vita quotidiano che ci accerchia e ci soffoca. Questo cerchio che ci mette di fronte a una gran quantità di cose, che chiamano altre cose e che ci fa credere che la felicità è possedere, riempire gli armadi, i cassetti, avere sete di ideali materiali e difficilmente accessibili, di cose commerciali. Si libera allora da questo imballaggio una società lavata, triste e fuori uso dove ognuno spera di ricevere il massimo dando il minimo. E noi non vogliamo entrare in questo circolo… ma è difficile… Durante il pellegrinaggio ci siamo accorti che c’erano pochi legami tra il “Camino” e la Fede. Eppure dovrebbero vivere in simbiosi. Il pellegrino ha alla sua portata poche messe, cappelle, preghiere, religiosi. Credevamo di trovare più spesso delle chiese aperte o dei locali per accoglierci un istante. Il pellegrino è lasciato a se stesso, libero di andare verso la Fede. Il Camino stesso infatti ci invita a fare il primo passo per andare verso il Signore. Siamo allora più responsabili e più coinvolti. Egli è sempre là ad attenderci. Durante il Camino abbiamo imparato a bussare alla sua porta senza timidezza. Le preghiere quotidiane ci hanno colmato, le testimonianze ci ritornano spesso: noi abbiamo chiesto ed il Signore ci ha dato, abbiamo donato le nostre preghiere ed Egli ha distribuito rispondendo al nostro grido. Ognuno ha ricevuto qualcosa, forse non esattamente come voleva in quel momento, l’importante è aver ricevuto, aver sentito, SAPERE che la sua porta è aperta e credere fermamente che non ci abbandonerà. Durante il pellegrinaggio le nostre intenzioni erano diverse. Abbiamo pregato per gli ammalati della nostra parrocchia, per alleggerire le loro sofferenze, qualsiasi esse siano, per l’unità della nostra comunità parrocchiale, per le vocazioni sacerdotali della nostra diocesi Belluno-Feltre, e per noi… sono stati gli altri che hanno pregato. Quest’anno infatti sette seminaristi sono entrati in seminario a Belluno. È importante che i giovani entrino in seminario, che i luoghi di formazione si riempiano. Attraversando i vari paesi, abbiamo capito la deriva delle anime a causa dell’assenza di religiosi. A volte basta anche la loro presenza per rilanciare e avviare un rinnovamento. Le nostre preghiere continueranno ad essere intense affinché vengano portate a termine queste vocazioni e non manchino sacerdoti, come succede in tanti paesi a noi vicini dove un prete si occupa di 15-19 parrocchie. Crediamo che sia importante avere una fede costante e perseverante e non intermittente secondo i nostri bisogni o le nostre comodità, poiché questa costanza ci ha avvolto con le sue ali e condotto fino alla fine del nostro pellegrinaggio. Andando a Roma eravamo sincronizzati con il Signore. Tutto ci sembrava buono e positivo, il buono era migliore e il meno buono si dimenticava e il sapore delle nostre immagini mentali e spirituali respirava la tranquillità, una pace interiore profonda. Arriveremo così ad avere una memoria grata. Questo pellegrinaggio non è stato per noi un pilastro di rinforzo ma una colonna che ha reso più bello il nostro credo. PREGHIERA DEL CORPO RALLENTA IL MIO PASSO Rallenta il mio passo Signore Frena la mia marcia per vedere il tempo infinito. Spezza la tensione dei miei nervi con la musica rilassante Insegnami l’arte di fare delle brevi vacanze Ricordami ogni giorno che la corsa non è sempre frenetica, Incoraggiami a guardare verso gli alti rami della grande quercia Rallenta i miei passi Signore
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